Chery è una casa automobilistica cinese che opera in Argentina da oltre 10 anni. Chery avvierà una conceria a La Rioja per produrre la pelle necessaria per le sue auto e un impianto di produzione di auto elettriche. Ma Il progetto Chery si inserisce soprattutto nell'obiettivo di industrializzazione del litio: Argentina, Bolivia e Cile formano il “Triangolo del Litio”, con il 67% delle riserve e il 50% dell'offerta globale. [Chery confirmó que planea instalar una fábrica de autos eléctricos en la Argentina – TN Autos]
Sarebbe la prima volta che sul territorio nazionale vengono prodotti veicoli "ecologici".
Chery ha confermato che i suoi piani includono l'installazione di una fabbrica di auto elettriche in Argentina , da cui le unità sarebbero state distribuite al mercato locale e regionale. Il brand cinese vuole imporsi nel Paese con le nuove tecnologie di mobilità.
L'obiettivo di Chery è " costruire l'Argentina come nuova base di veicoli energetici del marchio per la regione , con l'installazione nel paese di una fabbrica che produrrà queste auto", indica il comunicato ufficiale.
"L'Argentina è un punto strategico fondamentale per raggiungere i mercati del Sud America e del Centro America", hanno spiegato dall'azienda asiatica. L'obiettivo è chiaro: che il nostro Paese sia il fulcro della produzione Chery per l'intera regione.
Qual è il piano di Chery
Tempo fa, il direttore esecutivo della Camera di produzione, industria e commercio argentino-cinese, Alejandra Conconi, ha rivelato a Radio Mitre che Chery prevede di produrre circa 50.000 unità all'anno e che, quindi, "c'è una gara tra comuni e province” per mantenere l'investimento, anche se tutto sembra indicare che si stabilirà a Santa Fe.
Il piano di Chery prevede due parti: la prima è investire in una conceria a La Rioja per produrre la pelle necessaria per le sue auto , una proposta che è già stata presentata alla Segreteria dell'Industria, dell'Economia della Conoscenza e della Gestione Commerciale Esterna del Ministero della Produzione Sviluppo della Nazione; la seconda, investire in un impianto di produzione di auto elettriche , nel quadro della Legge sulla mobilità elettrica annunciata da Alberto Fernández nel marzo dello scorso anno.
Non è la prima volta che l'approdo di Chery nel settore “verde” a livello nazionale viene pubblicamente confermato, nonostante la società non si sia ancora pronunciata in merito e che il Governo Nazionale non lo abbia annunciato. A gennaio, l'ambasciatore argentino in Cina, Sabino Vaca Narvaja , ha confermato in un dialogo con El Diario AR che "Chery installerà una fabbrica di auto elettriche" in Argentina.
Chery è una casa automobilistica cinese che opera come importatore in Argentina da più di dieci anni. L'anno scorso il presidente dell'azienda, Yin Tongye, aveva rivelato all'ambasciatore “l'interesse dell'azienda a investire nella produzione di auto elettriche ”.
Consultati dal sito di Autoweb, i rappresentanti di Socma Argentina (è la società che si occupa di importazione, distribuzione e commercializzazione di Chery) hanno confermato che esiste “un progetto per la realizzazione di un impianto di veicoli elettrici nel Paese per rifornire il mercato locale ed esportare in America Latina ”.
Argentina, nel triangolo del litio
Il progetto Chery si inserisce anche nell'obiettivo di industrializzazione del litio fissato dall'Esecutivo. Non è da meno: Argentina, Bolivia e Cile formano il cosiddetto "triangolo di litio" , con il 67% delle riserve accertate concentrate e circa il 50% dell'offerta globale.
Secondo il Ministero della Produzione, l'Argentina ha un settimo delle riserve mondiali di litio , il che la colloca "nella quarta posizione mondiale". Inoltre contribuisce per un sesto alla produzione mondiale e così “si colloca al terzo posto della classifica”.
L'Argentina “è il Paese con la maggior quantità di risorse con potenziale valore economico, anche se non dimostrata fattibilità e redditività, con poco più del 20% del totale mondiale. Il litio disponibile è per lo più concentrato in tre province: Catamarca, Jujuy e Salta ”, assicura lo United States Geological Survey (USGS) in un rapporto realizzato nel 2018.
