Il fatturato del settore verso i 107 miliardi, +16% sul 2021 e +9% sul 2019. Incertezza per il nuovo anno, ma gli ordini delle collezioni primavera-estate 2023 sono già molto positivi. [Industria della moda da record, prima volta sopra i 100 miliardi - ilsole24ore]
«Un anno eccezionale, il migliore di sempre»: così Carlo Capasa, presidente al quinto mandato della Camera nazionale della moda, definisce il 2022, senza timori di essere criticato per eccesso di ottimismo. I dati sul comparto del tessile-moda-accessorio (Tma) dell’associazione che organizza, insieme a molti altri eventi, le quattro settimane della moda di Milano (due per la donna, due per l’uomo), parlano chiaro ed è bene partire dalla forza e sicurezza che danno i numeri dell’anno che sta per chiudersi per guardare al 2023, che si preannuncia «il più incerto di sempre».
Già il 14 dicembre, in occasione della presentazione della fashion week uomo di gennaio, Capasa aveva sottolineato quanto fosse difficile ipotizzare l’andamento 2023 di un settore che esporta il 70% e che nel 2022 ha sfiorato i 100 miliardi di fatturato (107 secondo le ancor più rosee stime di Confindustria Moda). «È un esercizio, quello delle previsioni, che facciamo sempre, ma ciò che è successo nelle ultime due settimane, soprattutto in Cina, consiglia un approccio molto cauto – ribadisce Capasa –. Un’indicazione concreta c’è: gli ordini delle collezioni primavera-estate 2023 sono molto positivi, occorre però aspettare i primi due mesi del 2023 per avere un quadro più preciso. Di certo possiamo dire che la filiera italiana, dalla parte manifatturiera e artigianale a monte e quella dei grandi marchi a valle, è al centro dell’industria della moda globale».
Ottimismo dei numeri anche da parte di Confindustria Moda: «Sulla base delle prime indicazioni sulla chiusura anno il fatturato 2022 del Tma dovrebbe attestarsi a 107 miliardi, in crescita del 16% sul 2021 e del 9% sul 2019», si legge nell’ultima Indagine rapida congiunturale della federazione. Confindustria Moda raccoglie le principali associazioni di settore – Sistema moda Italia (Smi), Assopellettieri, Anfao (occhiali), Assocalzaturifici, Aip (pellicce), Federorafi e Unic (conceria) –, rappresenta 65mila imprese, che danno lavoro (senza calcolare l’indotto) a poco meno di 600mila persone. «La preoccupazione emersa dall’indagine non riguarda tanto i fatturati, ma l’aumento dei costi e l’impatto sugli utili – sottolinea Ercole Botto Poala, presidente di Confindustria Moda –. In prospettiva di un aumento della domanda da parte dei mercati, preoccupa inoltre la mancanza di figure professionali per i vari comparti del Tma».
Due mesi fa la federazione ha organizzato la seconda edizione di Fashion Talent Days, evento online per illustrare le oltre 40 figure professionali che il settore cerca e di cui avrà sempre più bisogno nei prossimi anni: dal rapporto 2022 Excelsior-Unioncamere emerge che il Tma nel periodo 2022-2026 potrà assumere tra 63mila a 94mila persone, a seconda della congiuntura economica.
Sulla formazione e sul reshoring insiste Sergio Tamborini, ceo del gruppo tessile Ratti e presidente di Smi, l’associazione più importante per numero di imprese e addetti di Confindustria Moda: «La pandemia ha accelerato un processo che era già in atto, riportando in Italia produzione che erano state delocalizzate nel Far East e, in alcuni casi, nell’Est Europa. Credo che la tendenza continuerà, anche alla luce dei costi di trasporto e dell’incertezza geopolitica», spiega Tamborini. Che però, molto lucidamente, aggiunge: «Il reshoring è una buona notizia per le aziende del Tma e per l’Italia, perché restiamo un volano dell’economia e dell’immagine del Paese all’estero. Ma non si può fare il reshoring delle materie prime, pur cercando di aumentare l’indipendenza energetica. I materiali chimici che servono alla parte a monte della filiera vengono quasi tutti dalla Cina e le materie prime nobili, dal cotone alla seta al cashmere, sono tutte importate. Siamo molto soddisfatti del 2022, ma non possiamo nasconderci le incognite sul 2023. La cosa positiva è che le crisi degli ultimi anni hanno confermato la capacità di reagire e di reinventarsi del Tma e del settore produttivo italiano nel suo complesso», conclude il presidente di Smi.