L'esperimento di moda virtuale di Meta significa che i social, insicuri nel loro “Regno dell’immateriale” cercano un ancoraggio nel "materiale"

30 Giugno 2022

Il vicepresidente della divisione partnership nella moda e shopping di Meta e il corrispondente tecnologico di BoF, Marc Bain, si uniscono a Lauren Sherman per discutere del nuovo esperimento di mercato dell'azienda, che ha lanciato un negozio di abbigliamento virtuale con Thom Browne, Balenciaga e Prada, e del futuro della moda sulla piattaforma. Il nostro commento prende le mosse da questa conversazione.

 

Approfondimenti chiave:

  • In questo momento, il metaverso non rappresenta un enorme flusso di entrate per le aziende di moda. Ma essere il primo nome nello spazio nascente ha un vantaggio di branding.
  • A fronte dei trilioni delle Big Tech, paiono poca cosa, anche se da europei non cessiamo di invidiarli, le centinaia di miliardi del blocco d’interessi che ruota attorno ai grandi agglomerasti del lusso, tipo Lvmh, Richemont, Estée Lauder, Kering, Prada, Hermès, ecc….
  • Ma proprio il campo minore, distinto e separato dal cuore della Rete potrebbe, Una volta che scattasse l’effetto dell’immateriale che cerca un ancoraggio nel materiale, risultare decisivo  per gli equilibri di business e di potere nel campo dei giganti trilionari. .
  • L’ombra dell’effetto immateriale che si ancora al materiale si intravede nella mossa di Facebook, ormai Meta, verso il metaverso come piattaforma on demand.
  • I designer della moda sono già maestri nel creare i propri mondi coinvolgenti, sia attraverso spettacoli che abiti, quindi non è stato difficile interessarli all'esperienza. Tradurre texture e dettagli del mondo reale in oggetti virtuali, tuttavia, è stata una sfida.
  • Presto potrebbero esserci degli abiti nei mercati virtuali che riflettono stati d'animo e scenari diversi. Più avanti, il metaverso sarà un luogo di espressione illimitata.
  • Alla fine, quando i marchi saranno in grado di trasformare oggetti virtuali in NFT, saranno in grado di creare vera proprietà e scarsità, che potrebbero creare le stesse dinamiche di esclusività e clamore che guidano la moda oggi.

 

 

La società di social media Meta ha lanciato un negozio di abbigliamento virtuale e Balenciaga, Prada e Thom Browne sono i primi grandi designer a creare look adatti agli avatar nel metaverso di Mark Zuckerberg. I modelli, disponibili per l'uso su Instagram, Facebook e Messenger, includono una tuta da motociclista Balenciaga, pantaloncini Prada e una delle tute grigie tipiche di Thom Browne. La mossa segna l'ingresso formale di Meta nel business dell'alta moda virtuale dopo che Zuckerberg aveva dichiarato le sue ambizioni di costruire il metaverso alla fine del 2021.

Mark Zuckerberg ha svelato il primo negozio di moda online per gli avatar di Facebook, Messenger e Instagram, ovvero le rappresentazioni digitali che ci caratterizzeranno anche sul metaverso di Horizon. Presto tutti potranno acquistare sullo store vestiti e accessori di marchi famosi, tra cui Prada, Balenciaga e Thom Browne, per rendere unico il proprio avatar e distinguerlo dagli altri con gli abbinamenti che si preferiscono.

"Come persona esperta di moda, mi ci è voluto un po' per capire esattamente cosa significasse [la visione di Zuckerberg per il metaverso] ... Le persone vogliono tutti i modi possibili per esprimersi attraverso i loro avatar nel metaverso", ha affermato Eva Chen, vicepresidente di Meta di partnership di moda e shopping.

A conti fatti può sembrare solo 'fuffa', perché quello che acquistiamo per l'avatar resta nell'avatar ma non è lo stesso, immenso, mercato che guida i contenuti add-on per i videogame come il seguitissimo Fortnite, il videogioco delle battaglie?

Invece, Facebook ha lanciato il “Metaverso” come se fosse lo sbarco a mezzo Avatar su Gaia, e si è perfino ribattezzata Meta per svincolarsi dal tossico retaggio dei suoi social.

Al di là dei fuochi d’artificio degli entusiasti del baraccone tecnologico, si appresta ben che vada a gestire un parco di video giochi immersivi e tridimensionali, alla semplice condizione d’indossare un casco ad occhialone e un’epidermide sensibile per immersioni assai particolari.

Con questa mossa, e per la prima volta, si va al di là del riciclaggio della autoproduzione degli utenti (orgoglio nativo della Rete) e si immettono prodotti industriali come accessori di moda, vestiti e scarpe,  in un catalogo di versioni immersive di video giochi a molte mani, pagati in stile Spotify, il servizio musicale svedese online (dando tempo alla pubblicità o pagando per scamparla).

In un post su Facebook, Mark Zuckerberg ha affermato che presto verranno aggiunti altri marchi. "I beni digitali saranno un modo importante per esprimersi nel metaverso e un grande motore dell'economia creativa".

E in effetti, le case di moda collaborano sempre più spesso con aziende tecnologiche per creare capi digitali. Nel 2021, proprio Fortnite ha introdotto le skin di Balenciaga in modo che i giocatori potessero acquistare capi quali felpe da far indossare ai personaggi. In Roblox, precursore del metaverso per le infinite possibilità di esperienze e attività rese possibili dai mondi costruiti dagli utenti, si può visitare Gucci Town, con tanto di giardino con il logo del marchio, e un negozio virtuale per darsi allo shopping pazzo virtuale, con soldi reali.

Basti pensare che si è tenuta a fine marzo la prima Metaverse Fashion Week della storia. Gli avatar di grandi e piccole case di moda hanno presentato le collezioni Autunno-Inverno 2022/2023 sulla piattaforma di Decentreland. Per l’occasione, Giovanna Graziosi Casimiro, responsabile della manifestazione, aveva detto: “I marchi partecipanti mostreranno nuove collezioni o nuove interpretazioni di pezzi esistenti. Ci sarà un'area per lo shopping di lusso, progettata per assomigliare all'Avenue Montaigne di Parigi, e si venderanno articoli sia digitali che fisici”.

C’è né abbastanza per non escludere l’avvio, più o meno a breve, di un’asta senza precedenti per dimensioni e conseguenze in cui le Big Tech mettono i trilioni e i marchi della moda e del lusso, come al solito, si scelgono il padrone.

Nessuno dubita, per esempio, che i veri “padroni” del gruppo Kering (dal nome della gigantesca compagnia del lusso che ha tempo fa comprato Gucci) siano l’acquistato e non certo l’acquirente. 

L’effetto dell’immateriale che si lega al materiale potrebbe scattare con maggior forza ancora nel campo delle applicazioni social, che già oggi si imitano l’un l’altra, tanto più se la Ue prescrivesse facoltà a favore degli utenti di scambiare messaggi fra diverse piattaforme come già avvenne coi telefoni. In questo caso, l’unica esclusiva quale altra mai sarebbe, se non la forza di un catalogo?

Ecco allora che i prezzi dei contenuti andrebbero alle stelle e che i produttori potrebbero perfino scegliersi, come padrone di comodo, uno dei giganti in cerca di prodotto.

Lungi dal soffrire per i mega bilanci di uno Zuckerberg qualsiasi – che ogni mattina interroga lo specchio per chiedergli se è nata una start up pronta a rimpiazzarlo – l’industria della moda vive irrequieta, ma sicura del controllo su quello che ha prodotto, e che produce.

Perché vestiti, scarpe e borse non sono righe duplicabili di software, chiacchere vaganti o “notizie” sgocciolanti dalla Rete, ma oggetti definiti e protetti da caterve di diritti. Puoi scipparne un’idea, uno stile, il disegno di qualche prodotto, ma dovendo comunque produrre prima o poi con rischi non diversi dal produttore originale.

Ecco perché i social, noti pirati e “parassiti delle chiacchiere in piazza”, hanno lasciato al crimine sommerso il commercio abusivo di fakes e cose simili.

Nel contempo i prodotti della Industria del lusso sono anche in parte immateriali e quindi adattissimi a circolare sulla Rete, tant’è che nei social s’affollano promozioni, trailer e commenti, mentre le piattaforme, tipo Amazon o Zalando, consegnano la versione materiale a partire da una scelta compiuta su un’immagine. Metodo di vendita che si è semplicemente aggiunto a quella nato prima con i negozi.

 


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