A pochi mesi dal lancio di B-Process facciamo il punto con Cesare Dal Monte, Managing Director di GER Elettronica sul nuovissimo concept 4.0 di tracciabilità delle pelli. [By MpaStyle]
La globalizzazione ha investito inevitabilmente anche la filiera della pelle. In genere, le reti di fornitura di marchi e rivenditori comprendono sempre più livelli, spesso dislocati in numerosi continenti. La complessità di queste catene di approvvigionamento contribuisce alle difficoltà di controllo di tutti i passaggi e gestione della garanzia della qualità, dell’approvvigionamento e della logistica, il tutto ulteriormente esacerbato dalla vasta rete di fornitori indipendenti, produttori e fonti di materie prime in tutto il settore della pelle. GER, primo costruttore al mondo di misuratrici elettroniche di superficie per pelli finite e vero pioniere del suo settore, promuove l’ambizioso progetto della “conceria del futuro” attraverso la creazione di un nuovo modo di interpretare la misurazione, e più precisamente di un sistema globale di gestione attraverso l’analisi dei dati digitali a supporto dell’intero processo produttivo dove la tracciabilità ha un ruolo di fondamentale importanza. La possibilità di controllare la vita di un animale, dalla fattoria al negozio, una volta rappresentava il sogno di brand e aziende del lusso. Ora sta diventando una realtà perché, con la possibilità e la capacità di rintracciare la pelle in tutto il suo percorso, i marchi ora vogliono approvvigionarsi solo da fornitori che offrono pelli completamente tracciabili.
Ingegner Dal Monte, poco tempo fa ci aveva anticipato il lancio di B-Process, un nuovo concept che aumenta la qualità dei processi, salva le risorse e, soprattutto, digitalizza il know-how della conceria permettendo l’archiviazione dei dati relative a ogni singola pelle. A che punto siamo?
“Abbiamo partecipato alla fiera incentrando la nostra comunicazione sugli argomenti di cui avevamo parlato qualche mese fa e presentando, in prima assoluta, anche a livello di settore, la simulazione di un processo completo. Siamo partiti dalle nostre macchine che vengono utilizzate nelle prime fasi di lavorazione della pelle, per poi passare man mano a macchine dedicate ad altre lavorazioni, fino a quella finale dedicata alla misurazione che convertiva la tracciabilità della pelle direttamente in una etichetta che il cliente finale poteva riconoscere”.
Un esempio concreto di come funziona B-Process, corretto?
“Esatto. Abbiamo installato B-Process su tutti i nostri sistemi e quindi abbiamo fatto toccare con mano che una pelle, introdotta all’interno di questo flusso, veniva seguita lungo tutto il suo percorso fino alla spedizione al cliente finale con apposita etichettatura. In questo modo, tramite una semplicissima app che si scarica da Google Play piuttosto che Apple Store, il destinatario della spedizione poteva, con estrema facilità, leggere tramite QR code il codice con la quale la pelle era stata lavorata. Ovviamente a questo codice del processo erano abbinati tutti i dati della singola pelle che la macchina forniva durante la lavorazione”.
In Germania, agli albori del progetto, avevate già ottenuto un riscontro molto positivo. Cosa è successo dopo la fiera?
“L’interesse è stato notevole soprattutto per quanto riguarda la tracciabilità perché questa sembra essere la prossima frontiera, non l’ultima, ma la prossima frontiera. L’interesse generale è quello di salvaguardare l’ambiente e combattere la deforestazione meccanica per favorire la circolarità, la sostenibilità e tutto quello di cui abbiamo bisogno per una ripresa sostenibile. L’interesse c’è e, devo dire, in gran parte dal Sud America”.
Perché proprio il Sud America?
“C’è anche una spiegazione pratica: gli stati del Sud America non hanno la stessa legislazione che abbiamo noi in Europa. In quei paesi non esiste il concetto di tracciabilità dell’animale, e di conseguenza delle pelli, mentre in tutta la Comunità Europea vige una legge che stabilisce che ogni singolo animale deve essere tracciato anche durante la sua vita. Là questo non accade perciò, nel momento in cui le aziende produttrici di pelli sud americane si trovano a lavorare con brand noti piuttosto che con l’automotive che invece richiedono di dimostrare questa origine, hanno la necessità di dotarsi di un sistema che glielo consenta. Alcune di queste, che sono delle multinazionali che comprendono al loro interno sia gli allevamenti che le concerie, magari già dotate di propri sistemi, sono comunque molto interessate a svilupparli, mentre altre, che sono invece semplici concerie, hanno la necessità di inserirli nel loro processo produttivo”.
Come hanno reagito gli altri paesi a questa novità?
“Complessivamente non posso lamentarmi dell’andamento della fiera, nel senso che lo stand è sempre stato pieno. Ho visto pochi italiani ma questo probabilmente si può ricondurre al fatto che incontriamo i nostri connazionali più o meno tutti i giorni. Ce lo aspettavamo. Europei sì mentre dagli Stati Uniti solo un paio di persone. Ad ogni modo tutti interessati al concetto di tracciabilità abbinata ai dati e quindi alla possibilità di efficientare il processo”.
Le fondamenta sono state posate…
“Siamo ancora in una fase iniziale anche se stiamo assistendo da più parti a convegni, a seminari, a spinte, chiamiamole così, sia di tipo culturale che di tipo economico, verso concetti – sostenibilità e circolarità – che noi stiamo portando avanti da tempo. Un ottimo riscontro lo abbiamo dalle nuove generazioni che stanno entrando nelle concerie, affiancando i padri o prendendone il loro posto. Avendo, nella maggior parte dei casi, frequentato università, magari di tipo tecnico o informatico, il venire a contatto con il nostro mondo risulta molto più congeniale rispetto all’impostazione della conceria più tradizionale. Oggi non solo vi è la necessità di dover evolvere a livello di strumenti e di sistemi, è fondamentalo farlo anche a livello di gestione e quindi di competenze. Vedo che i giovani sono molto più aperti a questo tipo di approccio e, quei pochi giovani che in questo momento decidono di intraprendere la carriera del conciatore, sono molto più predisposti rispetto all’imprenditore di impronta più classica. Quindi questo ci porta a dire che questa è la direzione giusta per il futuro”.
Come ha appena detto, le nuove generazioni sono molto più flessibili perché già abituate a usare le nuove tecnologie, soprattutto elettroniche…
“Oltre ad essere molto più sensibili alla sostenibilità e all’ambiente: questo è l’altro grande aspetto che stiamo scoprendo man mano che ci muoviamo sul mercato. Di recente, come Assomac, abbiamo organizzato un corso con alcuni professori della Bocconi ed è emerso, grazie al loro osservatorio costantemente aggiornato, che la tendenza è quella: la parte giovane della popolazione, questo vale per tutto il mondo, dimostra una notevole attenzione alla sostenibilità e al rispetto ambientale. E questo passa ovviamente dalla digitalizzazione che è imprescindibile”.
Cosa vi aspettate dall’immediato futuro? Questo cambio generazionale porterà a maggiore consapevolezza e quindi ad un cambio di paradigma?
“Le prospettive, dal nostro punto di vista, sono abbastanza buone nel senso che, se oggi mi chiedesse come sarà il 2023 la mia risposta sarebbe: ci dicono tutti che l’anno prossimo sarà negativo. Noi ci siamo attrezzati il più possibile per rispondere a questa sfida con strumenti che non sono solo dediti alla produzione e all’aumento dei volumi perché sostenibilità, è inutile che ci giriamo attorno, significa produrre meno. Il termine sostenibilità implica in sé stesso una riduzione dei volumi, non significa aumentarli. Produrre meno ma farlo meglio. E siccome i nuovi argomenti che noi stiamo usando sono proprio sviluppati in quest’ottica – produrre meglio e con minore impatto ambientale -, posso dire che siamo orientati al futuro”.
La sua previsione per il 2023?
“La mia previsione per il 2023 è che i primi sei mesi, data la situazione che stiamo vivendo, non saranno sicuramente entusiasmanti ma ci serviranno per lavorare e per diffondere ancora di più queste nuove informazioni. il mondo non si ferma ovviamente ma sono molto ottimista rispetto a quella che sarà la ricaduta che avranno questi nuovi sistemi nel mondo e nel nostro settore. Noi ci siamo!”.