Transizione 4.0 e Sostenibilità.
Due macroaree di sviluppo industriale certamente interconnesse e che hanno letteralmente “inondato” di messaggi l’opinione pubblica internazionale negli ultimi anni, sia in ambito strettamente di processo che economico-commerciale a tutti i livelli. E’ evidente che questi due temi siano al centro dei dibattiti, creando non poche discussioni su quali possano essere gli scenari che si apriranno. Certamente, oggi è paradossale ed assurdo avere posizioni “contro” la transizione tecnologica e la sostenibilità, ma quale siano gli orientamenti applicativi e l’implementazione dei possibili modelli rimane un terreno di confronto aperto.
Il vero punto, muovendoci in un abito strettamente tecnologico e manifatturiero, sono le modalità per DEFINIRE/CARATTERIZZARE un processo produttivo perché possa essere considerato come “convertito in processo sostenibile”.
Molte delle metodologie di analisi applicate si basano su algoritmi L.C.A.; si ampliano però i confini con l’adozione, da parte Comunitaria, del concetto “EU Taxonomy”: sistema di analisi complesso che prende in considerazione parametri sia economici che tecnici per analisi dei processi industriali.
Queste evoluzioni che stanno entrando in modo dirompente nelle considerazioni sui processi produttivi non possono essere sottostimate e certamente si deve prendere in seria considerazione quali siano gli effetti sull’insieme delle filiere industriali soprattutto per ragioni di competitività nello scenario globale.
Vorremmo evidenziare alcuni degli “strumenti” a disposizione per le imprese PMI manifatturiere, nel comparto Moda e Automotive.
Il nostro percorso inizia da una recente ricerca fatta in collaborazione con la società di consulenza BLUMINE srl[1] che si occupa di sostenibilità nell’industria tessile e della moda. Lo studio si è basato sull’analisi dei bilanci di sostenibilità di un Panel di brand della moda allo scopo di evidenziare le strategie prioritarie e gli impegni assunti in fatto di riduzione dell’impatto ambientale. Dagli indirizzi emersi è stato possibile definire meglio la ‘domanda’ cioè le aspettative degli utilizzatori di tecnologie (conciatori, produttori di calzature ed accessori) in termini di performance ambientale.
Se ci concentriamo sul grande tema del “Contributo delle attività ai cambiamenti climatici” (tema di altissima attualità e uno dei cinque principali pilastri di sostenibilità identificati dalla ricerca) per operare una “Riduzione dell’impatto ambientale” e in particolare delle emissioni e dei consumi di energia e materia prima che contribuiscono a determinare il carico ambientale di un processo o di un prodotto, i Brand richiedono:
- Politiche documentate di riduzione del proprio impatto ambientale (Riduzione GHG[2]);
- Tracciabilità dei flussi produttivi e dei materiali.
E’ chiaro quindi che la disponibilità di macchinari e tecnologie che offrano una riduzione dei consumi energetico e idrici, una riduzione delle emissioni (polveri, reflui, scarti) e un recupero delle sostanze chimiche dai processi di depurazione, oltre ad sistemi di raccolta ed elaborazione dati, sono maggiormente in grado di intercettare la domanda di innovazione sostenibile dei clienti.
Come però, “documentare” cioè fornire un dato che in qualche modo sia non discutibile, “CERTIFICATO” e risponda alla precisa domanda di riduzione dell’impatto ambientale?
L’indicatore scientifico, che persino l’Unione Europea indica per la riduzione/ lotta ai “Climate Changes” è riferito alle emissioni di gas serra (GHG – Green House Gas), espresse appunto in termini di “CO₂ equivalente”.
Lo stesso FASHION PACT, il programma globale di lotta ai cambiamenti climatici e protezione degli oceani, firmato al G7 di Biarritz nel 2019 dai più grandi Brand della Moda, indica come l’adozione di indicatori “Science Based” per misurare e quindi attivare azioni migliorative per azioni di riduzione delle emissioni (ancora, misurati in CO₂ equivalente) è di vitale importanza.
Nei comparti Calzatura, Pellettiera e Conceria come Associazione che li rappresenta (e insieme ad ACIMIT per il comparto tessile) sappiamo da tempo che è l’innovazione tecnologica portata dalla “quarta rivoluzione industriale”, definita come “INDUSTRIA 4.0”, il fattore abilitante per il raggiungimento della sostenibilità lungo l’intera filiera produttiva e per l’intero ciclo di vita del prodotto.
La più recente definizione di Industria 5.0 intesa come capacità di sfruttare e valorizzare il contributo dell’automazione e della robotica come modalità collaborativa che non implichi sostituzione dell’uomo nelle funzioni di controllo e ideazione, trova nella produzione di tecnologie per l’industria della moda, del design e dell’automotive, una naturale concretizzazione. Stiamo infatti parlando di filiere ad alto valore aggiunto la cui componente di artigianato evoluto e lo sviluppo stilistico ben si configurano in questa visione socialmente sostenibile del digitale.
Come arrivare quindi ad una produzione che possiamo certificare come sostenibile?
Il nostro contributo riguarda un sistema digitale capace di recuperare il dato dei consumi del macchinario inserito nel processo produttivo e restituirlo in termini di CO₂ equivalente: il “Green Label di ASSOMAC”, basato su un metodo di calcolo Standard LCA (Life Cycle Assessment) e certificato da un ente Terzo indipendente (RINA SpA).
Ecco allora uno strumento, inteso come certificazione volontaria, che permette alle imprese manifatturiere dell’industria della Moda di adottare un indicatore “science based” per calcolare la performance ambientale e restituire un dato certo per attivare le necessarie azioni di miglioramento e incremento del proprio impegno verso l’Ambiente e la Società. Un approccio che va ben oltre il puro -per quanto augurabile- eco efficientamento delle tecnologie per proporsi come supporto strategico dell’impresa anche nelle sue relazioni con gli stakeholders.
Attività di miglioramento in tal senso, non sono infatti più solamente intese in termini di “Responsabilità Sociale” dell’Impresa: il mondo della finanza internazionale vuole “investimenti responsabili”, non solo nei riguardi della gestione finanziaria dell’impresa, ma anche ponendo attenzione su aspetti di natura ambientale, sociale e di governance.
I criteri ESG (Environmental, Social, Governance)[3], sono già realtà nelle miglior banche italiane.
L’Europa, tramite il Next Generation EU guarda in tale prospettiva i programmi che sono stati approvati dai diversi Stati membri (per l’Italia il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”): i finanziamenti vanno verso una transizione ecologica delle produzioni e a piani strutturali industriali con una forte vocazione tecnologica.
Il Green Label ASSOMAC è un potente strumento capace di far apprezzare la centralità del dato, nella sua forma e nel suo utilizzo corretto e rispondente alle necessità di cicli produttivi sostenibili, di indicatori certificati per la redazione dei bilanci di sostenibilità e per la reperibilità di finanziamenti in linea con le aspettative green mondiali.
[1] A,Magni, M.Ricchetti, La Sostenibilità dal punto di vista dei Brand della filiera Moda, aprile 2021,
[2] Il Green House Gas (GHG) indica le emissioni di gas climalteranti imputabili a un’attività. E’ espresso in termini di CO₂eq.
[3] Criteri ESG
I criteri ESG sono quindi utilizzati per misurare l’impatto ambientale, sociale e di governance delle aziende, sempre più focalizzate nel mettere in evidenza la sostenibilità della propria impresa e delle proprie iniziative.
Questi criteri consentono, inoltre, di formulare una classifica delle aziende che meglio si adattano rispettano questi tre parametri. Le aziende non si valutano più semplicemente osservando la loro capacità di produrre denaro, ma anche nel produrre risultati etici, come l’inclusione sociale o la protezione dell’ambiente.
GREEN LABEL ASSOMAC
La Targa Verde è uno strumento di facile lettura che specifica le performance ambientali ed energetiche di un macchinario di aziende Associate Assomac, restituendo un valore numerico espresso in CO2 Equivalente, e calcolato tramite il metodo standard LCA (Life Cycle Assessment).
La targa verde è una certificazione volontaria, certificata da un ente terzo indipendente, Rina S.p.A..